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L’INFN si appresta a riscrivere il proprio Regolamento del Personale, come prescritto dalla legge di riforma degli Enti di ricerca (D.lgs. 213/2009), dopo la pubblicazione del nuovo Statuto.
L’ANPRI ritiene che sia indispensabile il contributo di tutti nell’identificare gli argomenti e le relative norme da inserire.
Un primo elenco di questioni di interesse, a nostro avviso, è il seguente:
- Il percorso di accesso all’Ente:
- Limiti e ruoli del precariato
- Programmazione trasparente delle risorse umane
- Forme di tenure track
- Regole generali per i concorsi, di qualsiasi tipo:
- Scelta delle commissioni
- Pubblicazione dei curricula di commissari e candidati
- Pubblicazione dei giudizi sui titoli prima dell’orale
- Trasparenza degli atti
- Trattamento di missione in Italia e all’estero
- Regole per le associazioni
- Controllo dell’orario di lavoro
- …
Invitiamo tutti i colleghi ad inviare idee, suggerimenti e commenti che ritengono utili alla stesura del regolamento.
L’ANPRI si farà carico di sintetizzarle e portarle all’attenzione della dirigenza INFN.
Paolo Valente 23:58 il 26 aprile 2011 Permalink |
Pubblichiamo anche una raccolta dei regolamenti in vigore fino ad oggi, una possibilità è quella di suggerire cosa si vorrebbe cambiare rispetto alla normativa attuale
Paolo Valente 06:27 il 28 aprile 2011 Permalink |
Provo a rompere il ghiaccio.
Cominciamo dai concorsi. La proposta dell’ANPRI è nota da tempo e la faccio mia:
applicare il cosiddetto codice Minerva (collegato alla Carta Europei dei Ricercatori). Si tratta di 5, semplicissime regole di trasparenza:
1) Bando di concorso pubblicato almeno due mesi prima della selezione;
2) Tutti i criteri di valutazione devono essere pubblicati nel bando;
3) Pubblicazione dei curricula dei membri di commissione;
4) Pubblicazione dei curricula dei candidati;
5) Pubblicazione dei curricula dei vincitori.
Includere ESPLICITAMENTE queste regole nel nostro regolamento sarebbe davvero un bel segnale.
A questo, aggiungerei l’estrazione a sorte dei commissari di concorso da un “pool” di persone abilitate, eventualmente divise in 2 fasce: una per i concorsi di III e II livello e una per i concorsi di I livello, oppure il “voto” del consiglio direttivo, sempre a partire da questo “serbatoio”.
Includerei la possibilità di includere un commissario di un’istituzione straniera, con un meccanismo che si può inventare, ma il voto del consiglio direttivo potrebbe essere un bel sistema.
Infine il numero di commissari: 3 commissari per il concorso a tempo indeterminato per l’accesso al III livello si sono dimostrati un po’ pochi, soprattutto nell’ottica di concorsi a carattere nazionale. Io prevederei 5 commissari per tutti i concorsi.
Sul concorso nazionale, mi pare che abbiamo toccato con mano i suoi limiti con l’ultima tornata dei posti “Mussi”. Se si tornasse a concorsi a carattere locale, ma con le regole di trasparenza sopra enunciate, sarebbe forse meglio. Tuttavia, se si vuole mantenere il carattere nazionale del concorso, andrebbe svincolato dall’assegnazione alle sedi, e si dovrebbe immaginare un meccanismo di “chiamata” più trasparente. Ma questo è difficile tecnicamente, perché per la pubblica amministrazione si deve sempre individuare la sede di lavoro per i posti a concorso.
A voi la parola…
Paolo Valente 09:24 il 28 aprile 2011 Permalink |
Sul precariato:
penso innanzi tutto che debbano essere distinte due forme di rapporto a tempo determinato:
– quelle finanziate specificatamente sui progetti, prevalentemente su fondi esterni, che dovrebbero essere più libere possibile, ma con un chiaro e ben definito limite temporale: non più della durata del progetto e non più di – per esempio – 5 anni;
– quelle su fondi e per compiti più istituzionali, che dovrebbero essere intese come parte del percorso che porta – con un certo “imbuto” – al posto a tempo indeterminato. In questo caso dovrebbe essere prevista una “verifica” intermedia che permetta di capire se si è sulla strada “sbagliata”. Per esempio potrebbe essere una forma di contratti a 3 anni, rinnovabili solo su verifica abbastanza seria, in questo caso un 3+2 o un 3+3, dove però chi accede alla seconda “tranche” del contratto deve avere una forma di instradamento verso la stabilizzazione: che sia un punteggio riconosciuto al concorso a tempo indeterminato o un meccanismo simile a quello dell’art. 5 del contratto nazionale (che però è seriamente messo in discussione dalla Funzione Pubblica) di “chiamata”.
E poi i numeri: il numero di contratti di tipo “tenure track” deve essere pianificato coerentemente con il piano di reclutamento a tempo determinato, e il numero di persone avviate a questo percorso non può essere enormemente superiore. Si potrebbe introdurre un meccanismo di limitazione automatica: non più del doppio o tre volte tanto il numero di posti a tempo indeterminato pianificati nel triennio. In questo modo chi si avvia su quella strada sa che ha una probabilità del 50% o del 33% o quello che è.
Naturalmente questo non dovrebbe valere per i contratti a “progetto”, il cui limite è dato solo dai fondi disponibili, fermo restante che non è pensabile tenere le persone indefinitivamente in quello status (da cui il limite temporale).
All’indietro, anche la pianificazione degli assegni di ricerca dovrebbe essere “calibrata” sulla effettiva disponibilità di contratti dei due tipi.
Si tratta di un modello non dissimile dalla “legge Gelmini”, il cui limite principale – a mio modesto parere – non è nelle forme contrattuali, ma nella mancanza di risorse…
Anche su questo… a voi la parola.
Gianluca Cavoto 12:18 il 28 aprile 2011 Permalink |
Chiedo scusa se si tratta di un dettaglio non scrivibile in un regolamento: si possono semplificare le operazioni in cui ci si iscrive a un concorso e le comunicazioni connesse ad esso ?
Ad esempio esiste la posta elettronica certificata e credo che tutti i documenti possano essere trasmessi in formato PDF. Questo eviterebbe anche i tempi di attesa di arrivo delle raccomandate…
Paolo Valente 12:20 il 28 aprile 2011 Permalink |
Credo si possa tranquillamente fare, anche perché è previsto dalle varie riforme del ministro Brunetta.
Oronzo P. Berretti 10:48 il 29 aprile 2011 Permalink |
La mia proposta è di eliminare il cartellino per i ricercatori.
Anche la Cassazione, sezione lavoro, con la sentenza n. 11025 ha chiaramente stabilito che il cartellino non è obbligatorio per i ricercatori che hanno totale flessibilità dell’orario di lavoro.
Oronzo P. Berretti 12:09 il 29 aprile 2011 Permalink |
Paolo 11:13 il 30 aprile 2011 Permalink |
Per quanto riguarda la trasparenza del meccanismo di selezione ritengo che:
1) La pubblicazione dei curricula dei commissari sia fondamentale.
2) L’estrazione a sorte dei commissari da un insieme di possibili
sia necessaria.
Inoltre per quanto riguarda i vincitori non credo sia sufficiente, se di trasparenza
parliamo, la pubblicazione dei loro curricula. Mi pare infatti di ricordare
che solo l’esame per la fascia di dirigente prevede l’esame dei soli curricula
e delle pubblicazioni prodotte dai candidati.
Per tutte le altre posizioni sono previsti esami orali e scritti.
In questo caso sarebbe opportuno prevedere la pubblicazione di tutti gli atti
del concorso.
Paolo 11:43 il 30 aprile 2011 Permalink |
Il discorso sul precariato lo ritengo molto piu’ delicato.
La legge Gelmini, se adeguatamente finanziata, puo’ funzionare
egregiamente per quanto riguarda il modo in cui i futuri ricercatori
e tecnologi verranno immessi nei rispettivi ruoli.
Al momento pero’ non mi e’ evidente come risolvere il problema di quelle
persone che da anni sono precarie e meriterebbero l’accesso ad un ruolo
di ricerca. Questo credo sia un punto fondamentale. Su queste persone
al di la’ di considerazioni di correttezza dei comportamenti di chi ha letteralmente
giocato con le loro vite ed i loro contratti, e’ stato investito molto.
Non sono in grado di valutare il costo che la societa’ ha pagato per la
formazione di un ricercatore ma direi che se assumiamo che abbia conseguito
il dottorato (3 anni di studi) e poi abbia fatto 5-6 anni di contratti precari con relativo utilizzo di apparacchiature piu’ o meno sofisticate nei vari laboratori.
Potrei stimare che il costo della sola educazione del candidato ecceda il milione di euro. Non considero nel costo gli stipendi percepiti dal candidato perche’ sono irrisori.
La dismissione, scusate il termine un po’ forte, di queste
persone e’ quindi un danno enorme per la societa’ oltre che per la persona.
Questo danno e’ inoltre aggravato dal fatto che queste persone avrebbero potuto
essere altrove impiegate con soddisfazione reciproca di datore di lavoro e
candidato ed in principio aver prodotto ricchezza (la beffa oltre il danno)!
Inoltre se il candidato ricercatore/tecnologo finisce all’estero il danno a mio
parere aumenta ulteriormente visto che saranno notri competitori a beneficiare
di una persona la cui preparazione e’ stata finanziata solo ed unicamente
dallo stato italiano ed altri stati a beneficiarne.
Francesco Palmonari 09:29 il 2 Maggio 2011 Permalink |
Salve
io ho lavorato 15 anni per l’INFN, partecipato alla costruzione di 2 rivelatori (uno per CDF ed uno per CMS) e in entrambi i casi difeso in prima persona l’INFN a fronte dei vari problemi legati all’installazione presso gli esperimenti e l’operazione di questi 2 rivelatori. Infine dopo aver fatto un lavoro di responsabilita’ che molte persone che sono staff INFN non fanno, sono stato gentilmente messo alla porta. Inutile dire che ho raggiunto una certa eta’ nel frattempo per fare tutto questo e che certamente non ho piu’ la freschezza di un neo-laureato in meccanica quantistica, ma magari ho maturato proprio l’esperienza e le conoscenze di cui ha bisogno l’INFN per non sfigurare nei rapporti con gli altri gruppi nei laboratori internazionali all’estero e per continuare ad essere una protagonista della ricerca di punta. Secondo Lei, che tipo di variazioni al regolamento potrebbe mai volere una persona con il mio profilo ? … si puo’ scrivere in un regolamento: non sfruttate la gente e non prendetela in giro rovinandogli la vita ?
Paolo Valente 09:38 il 2 Maggio 2011 Permalink |
No. non si puo` scrivere.
Anche perche’ il regolamento tutela chi e` in servizio – anche a tempo determinato – ma solo fintanto che si e` dipendenti.
Sul precariato non sono mancate le battaglie, e la questione non e` certo da sottovalutare. Di sicuro una maggiore partecipazione alla vita dell’Ente, e alle sue decisioni e` importante anche per far sentire la voce di quei colleghi – magari a tempo indeterminato – che sicuramente non erano d’accordo con quanto e` successo a lei.
Paolo Valente 13:50 il 2 Maggio 2011 Permalink |
Matthew Moulson 11:58 il 2 Maggio 2011 Permalink |
Vorrei evidenziare la questione dell’equivalenza dei titoli di studio stranieri nella valutazione dei titoli richiesti per l’ammissione ai concorsi INFN. La questione riguarda sia il ricercatore straniero che, magari in seguito a una collaborazione ad una struttura INFN, decide di far domanda per un posto, che il ricercatore italiano che rientra in patria dopo un periodo di formazione, magari anche universitaria, all’estero.
La questione riguarda sia il dottorato che la laurea, in modo diverso:
Dottorato: Nel regolamento dei concorsi dal 2001 viene richiesto per i concorsi di ricercatore III il titolo del dottore di ricerca, ovvero tre anni di attivita’ professionale, convalidati da una commissione permanente creata allo scopo. In pratica (credo) si fa la richiesta di convalida una tantum. Cosi’ l’idoneita’ del dottorato straniero puo’ essere stabilito dalla commissione. Sarebbe importante mantenere un simile soluzione nel nuovo regolamento.
Laurea: Qui la situazione e’ piu’ difficile. Nei concorsi INFN si richiede la laura V.O., specialistica o magistrale oppure l’equipollenza prevista dall’art. 332 del R.D. 1592/33. In pratica, “l’equipollenza” e’ mostruosamente difficile ottenere. In sostanza si deve convincere una facolta’ di fisica presso un’universita’ italiana a riconoscere tutti gli esami dati per la laurea straniera, uno per uno. La procedura varia a secondo l’universita’, cosi’ come i criteri usati per valutare gli esami stranieri. Nel mio caso l’intera procedura ci ha messo un anno (di cui diversi mesi della mia piena attenzione), oltre $1000 in spese consulari (traduzioni, bolli) e in piu’ le inscrizioni universitarie. Insomma, l’equipollenza e’ una cosa che sfida la definizione del possibile, anche per chi e’ davvero convinto di cercare un posto in Italia. Sarebbe importantissimo, al mio personale avviso, trattare la laurea straniera nello stesso modo del dottorato straniero—o farla convalidare dalla commissione permanente INFN, o dalle commissione dai singoli concorsi, o trovare un’altra soluzione simile—invece di chiedere l’equipollenza. Cosi’ si fa per i concorsi universitari, ormai da anni.
Gianluca Cavoto 09:46 il 3 Maggio 2011 Permalink |
Penso che questo sia un punto molto importante. Si parla spesso di attrarre cervelli stranieri per compensare la cosiddetta fuga dei cervelli. Credo che un nuovo regolamento debba essere scritto per rimuovere tutti gli ostacoli. Naturalmente immagino che ce ne siano altri di ordine superiore (leggi dello stato italiano)
neutrino 22:27 il 5 Maggio 2011 Permalink |
Mi fa quasi tenerezza leggere la frase che chiude il post dopo il deprimente Consigli di Sezione di oggi.
Perche’, dopo le reticenze e spettacolari arrampicate sugli specchi del mio direttore, l’idea che lo Tsunami
che si sta abbattendo su noi possa essere fermato con “L’ANPRI si farà carico di sintetizzarle e portarle all’attenzione della dirigenza INFN.” mi risulta particolarmente tenera.
Quello che piu’ mi ha depresso di piu’ e’ lo stato catatonico ormai cronico di molti dei nostri colleghi.
Sono molti quelli che sentono un disagio di fronte a scelte non trasparenti, ma si fa finta che tutto va bene.
Tra poco noi rinnoveremo il direttore, e’ difficile trovargli un alternativa. E’ un dirigente di ricerca che ormai ci percepisce piu’ come dipendenti pubblici che ricercatori. Ma per non stare zitto ho iniziando a fare propaganda affinche’ si abbia un numero di schede elevato con la scritta “Non con il mio nome”.
E’ inutile ma almeno non mi sento inutile.
Dobbiamo svegliarci e darci una mossa. Pretendere che i regolamenti siano resi pubblici prima della loro approvazione. Manifestare dissenso li dove il candidato direttore non ci convince e per ultimo chiedere la nostro rappresentante dei ricercatori, che e’ nel gruppo di lavoro sui regolamenti, di rendere pubbliche le linee giuda date dalla dirigenza sulla stesura di essi.
Paolo Valente 15:06 il 8 Maggio 2011 Permalink |
Capisco la tua amarezza.
Sicuramente il fatto che l’ANPRI cercherà, come sempre, di portare le idee e le opinioni di tutti i ricercatori e tecnologi che rappresenta (o che vi si rivolgono), non è sufficiente.
Però è quello che possiamo fare, e lo facciamo.
Questa consultazione è solo uno dei possibili strumenti. Naturalmente siamo aperti ai suggerimenti e al contributo di tutti.